In tempi di tempeste mediatiche, di fashion bloggers, di archistars e di sovraesposizioni mediatiche, è piacevole scoprire che esistono ancora rifugi e nascondigli dove l’arte e l’architettura si uniscono al territorio in simbiosi quasi perfetta, luoghi dove lo scorrere del tempo rallenta fino a diventare a “misura d’uomo” e dove il concetto di “genius loci” trova la propria sublimazione, spazi fuori dal tempo dove è difficile tracciare un confine tra scultura e progetto architettonico.
Esistono terre dove più provincie si affacciano e confrontano e dove il fiume Po disegna divisioni non solo naturali ma filosofiche, politiche ed anche, come in questo caso, artistiche e culturali. A Viadana, sponda lombarda del fiume, percorrendo il tratto che attraversa la golena fino ad affacciarsi sul fiume Po, è possibile confrontare e valutare i diversi approcci artistici e le diverse filosofie culturali. I vecchi dualismi all’italiana qui si inaspriscono ed appaiono eterni e senza tempo. Scuole di pensiero che qui si fronteggiano separati solo da un fiume che rende più epica la sfida ed il battagliare. Vi anticipo già che pur essendo lombardo d’origine mi considero da sempre emiliano e parmense (il maestro Alberto Bevilacqua amava sostenere che parmigiani sono quelli di Parma e parmensi quelli di provincia).
FRONTE EMILIANO _ BORETTO
Sul fronte emiliano, precisamente a Boretto, troviamo una figura storica e felliniana, un uomo che potrebbe essere inserito a pieno titolo nella “hall of fame” fluviale : il “RE DEL PO“, personaggio epico che al fiume ha donato gran parte della propria esistenza e che trova in queste acque il proprio elemento. Il regno del Re del Po, al secolo Alberto Manotti, sorge sulla spiaggia di Boretto e consiste in una scultura-architettura in continua evoluzione, realizzata principalmente con grossi rami trasportati dalla corrente del Po.
Il risultato è un non-luogo artistico che si integra perfettamente con l’ambiente naturale in cui è inserito, il “genius loci” è sublimato in questa realizzazione; l’opera del re è una sorpresa continua e già dai primi passi i numerosi turisti e curiosi rimangono colpiti da questo spazio inusuale che sorge in un’ansa accanto al ponte che unisce Emilia e Lombardia. L’architettura di questi ambienti è più prossima alla scultura ed il senso di precarietà richiama il decostruttivismo, in alcuni frangenti sembra che la fortezza stessa sia stata realizzata dal fiume in un momento di tempesta e non frutto di lavoro artigianale ed accurato. La casa del re del Po ha al proprio interno il trono del re, situato nel punto più alto della costruzione ed accessibile solo a pochi eletti, oppure quando il re non è nel proprio regno, da qui è anche possibile usare uno dei numerosi trampolini. Questo luogo a “misura d’uomo” è in grado di riconciliare il visitatore con il mondo, il tempo sembra tornare a scorrere lento come scorrono le acque, un ambiente dove artificio e natura si uniscono per esaltare i vari concetti di low-cost, km.0, recupero e riqualificazione. Fortunate quelle terre che possono vantare tra i propri cittadini artisti ed artigiani ed Alberto Manotti rientra in entrambe le categorie.
FRONTE LOMBARDO _ VIADANA
La sponda lombarda pare invece essere totalmente priva di capacità progettuale, il grande patrimonio naturale che è il fiume non viene minimamente sfruttato, gli interventi si fermano nella parte golenare più prossima all’abitato ed il Po non è visto come un’opportunità, come un punto di forza da valorizzare, Viadana è uno dei pochi comuni senza un lido; il ponte vecchio, vero e proprio monumento all’architettura brutalista e gradevole esempio di archeologia industriale, forma una passerella sul paesaggio fluviale per i numerosi che passeggiano, corrono o raggiungono in bici il fiume ma che, giunti sul fiume, devono semplicemente fare un’inversione ad U dopo essersi chiesti: come mai non c’è un lido, un luogo di sosta ma solo un parcheggio vuoto?Si è preferito progettare e costruire lontano dal fiume, non comprendendo che questo elemento è il punto di maggior attrazione per i cittadini. Invece di recuperare da un punto di vista artistico la golena, magari con interventi low-cost sul waterfront, il progetto a cui tutti dovremmo far riferimento è il teatro sul lago di Bregenz in Austria, si opta per ripercorrere antichi errori, non comprendendo ciò che ormai si è palesato da anni.
Il “parco delle sculture”, nome altisonante (e molto banale) per un’area dimenticata da tutti ma non dal nuovo direttore del Mu.Vi., è in questi giorni al centro di un dibattito cittadino; il direttore Paolo Conti sostiene che l’oblio in cui è caduta quest’area sia provocato dal degrado, in cui versano le sculture dimenticate e che un restauro potrebbe essere motivo di rilancio per il parco; io personalmente sostengo che siano altri i motivi per cui questo parco è dimenticato da tutti: la distanza dal centro urbano lo rendono poco fruibile dai comuni cittadini che preferiscono altri spazi verdi, la presenza di numerosi punti di maggiore interesse nelle vicinanze lo rendono poco attrattivo, il fiume Po e l’argine percorribile sono molto più interessanti per chi corre o passeggia. Un direttore di un museo dovrebbe andare oltre le proprie convinzioni o le proprie passioni e capire che gli errori del passato non vanno ripetuti ma compresi ed evitati, un direttore deve andare oltre il proprio orticello e ricordarsi che deve interfacciarsi con una comunità e non con uno specchio.
Ci sono ovunque mille potenzialità da riscoprire, artisti da promuovere, occasioni ed eventi da creare, nuovi linguaggi da sfruttare ed invece parliamo ancora di fallimenti del passato che vengono riproposti nella stessa maniera, senza nemmeno domandarsi i motivi di suddetto fallimento, pensate veramente che il degrado o l’abbandono sia solo dovuto alla ruggire che riveste le sculture? Direttore Conti le consiglio di camminare fino al ponte vecchio, notare qualche spazio espositivo, magari non convenzionale, e guardare la sponda emiliana del fiume Po, la scultura del Re del Po ha un valore artistico di gran lunga superiore a tutte quelle dimenticate, in quello che lei ha ribattezzato “parco delle sculture”.
DAMIANO GUARNIERI FLISI