Archeologia industriale. Le nuove rovine urbane come opportunità.

31 Marzo 2018 | Architecture , Design

Introduzione
Riqualificare e recuperare, sono questi gli imperativi etico-progettuali che le città italiane esigono per poter continuare ad evolvere nonostante la nefasta situazione economica. Le rovine contemporanee, spesso di natura industriale, offrono una superba occasione nel tessuto urbano; la rovina rappresenta infatti un grande patrimonio per l’architettura contemporanea, questi edifici, nonostante siano svuotati della loro funzione originaria, presentano una notevole potenza di forma, caratteristica che permette di trovarne un nuovo scopo e ne semplifica l’integrazione con nuovi linguaggi architettonici, purchè non invasivi.

Status Quo. Il mondo doveva finire ieri & l’implosione urbana dovuta alla bolla immobiliare.
Dopo anni di crescita incontrastata, di cementificazione selvaggia e di espansione urbana, il mercato del mattone ha subito una drastica frenata, la bolla immobiliare ha quindi spinto architetti e costruttori a nuove riflessioni,  a nuove ricerche e proposte. L’anno zero dell’edilizia ha sicuramente favorito il nascere di una nuova sensibilità artistico-architettonica che ha posto l’accento sul recupero di antiche emergenze urbane, sulla riqualificazione e riutilizzo di edifici non sfruttati o decadenti. Non più costruzioni ex-novo di bassa qualità e figlie di una cattiva pianificazione urbanistica ma interventi sul costruito, progetti con l’obbiettivo di  valorizzare gli edifici dimenticati delle nostre città. La mancanza di grandi interventi in edilizia, unita ad una nuova sensibilità nei confronti del patrimonio architettonico dismesso, ha provocato una nuova filosofia architettonica votata alla riqualificazione delle emergenze urbane decadute.

Archeologia Industriale. Le rovine contemporanee come nuove emergenze architettoniche. 
La decadenza esercita da sempre un forte fascino evocativo, questo aspetto trova inoltre la propria sublimazione nell’architettura che nelle rovine ha spesso espresso una propria poetica “FVIT IPSA RVINA DOCET” (la grandezza di Roma la si vede dalle rovine) come si legge sulle mura del teatro di Sabbioneta. Un edificio in rovina descrive il proprio carattere storico in ogni dettaglio ed in ogni aspetto materico, questi spazi hanno inoltre una propria unicità che viene disegnata dal tempo e dell’abbandono a cui sono stati sottoposti, un processo sicuramente inusuale che dona valore artistico aggiuntivo. La città ha dovuto iniziare a confrontarsi con l’archeologia industriale, con quei luoghi che prima erano periferici e marginali ed ora, a seguito della crescita urbana, si trovano ad essere importanti emergenze, anche solo per la loro mole, all’interno del tessuto urbano. Numerosi sono i casi studio di interventi interessanti, progetti che hanno saputo attualizzare senza snaturare. Particolare rilievo merita l’Archistar Rem Koolhaas che ha dimostrato grande sensibilità progettuale nel confrontarsi con l\’archeologia industriale; l’architetto olandese, in alcun interventi, ha dato prova di grande rispetto verso la storicità ma senza scadere nel passatismo, sfruttando anzi le preesistenze per ottenere il “fantastico metropolitano”, punto focale della sua poetica architettonica. Tra i progetti di recupero del gruppo OMA, merita sicuramente una menzione d’onore il museo Rhur ad Essen in Germania, imponente miniera di carbone trasformata sapientemente in museo, progetto che potremmo definire futurista per i continui dinamismi e per le inusuali trovate scenografiche proposte dall’olandese.

L’autore di “Delirious New York” non è stato però l’unico a misurarsi con il costruito, sono infatti numerose le archistar(s) che si sono misurate in contesti simili; uno dei casi più noti ed emblematici, anche da un punto di vista immobiliare, rimane l’intervento a New York, firmato dallo studio Diller and Scofidio + Renfro con James Corner, un’operazione immobiliare basata sul recupero di un’infrastruttura in disuso. L’intervento consiste nel creare un parco urbano lineare partendo da una linea ferroviaria ormai inutilizzata ed abbandonata, trasformare quindi una infrastruttura su rotaie in una fascia verde in grado di creare continuità nel tessuto urbano. Gli edifici che si affacciano a questo parco lineare, hanno ottenuto una forte rivalutazione economica; il progetto ha avuto quindi il pregio di dimostrare come una problematica, la vecchia linea ferroviaria inutilizzata, potesse diventare il punto cardine di un rilancio urbano, semplicemente attraverso verde e spazi pubblici. Va inoltre sottolineato come queste riconversioni urbane hanno spesso come protagonista l’arte contemporanea; è ormai universalmente riconosciuta la capacità di musei e/o allestimenti di veicolare numerosi turisti e curiosi, capacità questa che spinge le amministrazioni a riconvertire in spazi espositivi, ambienti decaduti ed inutilizzati. In Europa gli architetti svizzeri Herzog e De Meuron hanno firmato la Tate Modern Museum a Londra ed il Caixa Forum a Madrid  progetti di grande impatto che hanno saputo consegnare alle rispettive capitali, seppur con progetti di diversa entità, nuove emergenze urbane in grado di riqualificare interi quartieri. Per quanto riguarda il Portogallo va ricordato che all’interno del programma di ricostruzione del quartiere Do Chiado a Lisbona, distrutto dopo un devastante incendio del 1998, si inserisce il Chiado Museum del francese Jean-Michel Wilmotte, un interessante progetto di adeguamento e ristrutturazione, dove l’architetto ha saputo ricavare spazi museali con dettagli costruttivi molto prossimi alla poetica “scarpiana”, integrandosi sapientemente con le preesistenze materiche e creando un unicum progettuale di grande impatto poetico.

 

Caso studio: l’esempio milanese.
A Milano sono numerosi gli interventi di riconversione di aree industriali, interventi che riguardano quartieri con un linguaggio architettonico fortemente caratterizzante, in grado di creare una propria cifra stilistica; uno dei primi ad accorgersene fu il maestro della fotografia Gabriele Basilico che ne immortalò paesaggi e dettagli costruttivi, cogliendo la poetica in ambienti dove la Bellezza non era ricercata o voluta. I quartieri industriali di ogni città, decaduta la loro primitiva vocazione, rimangono come grandi interrogativi per le amministrazioni comunali che ne devono decidere il destino, valutando come intervenire e come riqualificare questi luoghi in cerca di una nuova identità. Milano ha saputo, in alcuni casi, reintegrare nel proprio tessuto urbano interi quartieri industriali e periferici, anche grazie a progetti dove il linguaggio architettonico contemporaneo dialoga con le preesistenze industriali, rispettandone il genius loci e creando nuove occasioni cittadine. Manifesto di questa forma mentis è sicuramente il quartiere Lambrate, ottimo esempio di come una città può diventare policentrica, attraverso attenti recuperi architettonici. Tra i progettisti del distretto non si può non citare lo Studio Ruatti, l’architetto Mutti, allievo di Ettore Sottsass, con il proprio studio, e l’architetto Pinchler che del distretto può essere considerato l’ispiratore. Il VDD è inoltre particolarmente attivo durante le giornate del Fuorisalone, periodo dell’anno in cui la nuova vocazione di questo distretto viene espressa appieno con l’invasione di designer(s) ed allestimenti. Oltre al “VDD” va menzionato anche il quartiere Bovisa, esempio palese di come una periferia, privata della propria originale vocazione industriale, possa divenire una nuova centralità urbana. Il Campus universitario BVS occupa e recupera gli stabilimenti che in passato formavano il glorioso polo industriale che qui sorgeva; i progettisti hanno saputo cogliere l’essenza di questi edifici, rispettandone la storia e le peculiarità; il risultato è un campus formato da stabilimenti, in particolare quelli dell’ex fabbrica Ceretti e Tanfani, integrati e valorizzati dal sapiente utilizzo di dettagli contemporanei. Il capoluogo lombardo ha quindi saputo sfruttare i propri esempi di archeologia industriale in maniera vitale, non considerandoli come mere testimonianze sterili ed inutili ma come delle architetture in divenire, recuperando così importanti porzioni di città che si pensavano irrimediabilmente perdute.  Ricordiamoci inoltre che questi aspetti non sono secondari nel divenire di una città; le periferie sono da sempre al centro del dibattito culturale e rappresentano un aspetto fondamentale per il disegno urbano e per la vita di una città.

Con il prezioso contributo tecnico-scientifico dell’Ing. Pietro Agnelli

DAMIANO GUARNIERI FLISI

 

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